Sotto una coltre. Di Joia.
Uno dei seguenti è il vero nome di uno dei piatti del ristorante Joia di Milano:
1. fantasia di funghi in profumo di erbette
2. delicatezza di fragole e ricotta accompagnate da cialde croccanti alle verdure
3. nuvole scorrono veloci, mi soffermo e le osservo felice
Avete il tempo di questo post per rispondere.
Mentre scorro lentamente il menu, ripenso a come mio fratello, approfittando di un momento di confusione, tra mille messaggi che saltellavano sul messenger e il solito milione di cose da scrivere al lavoro, mi abbia incastrato. Alla fine della conversazione era rimasta una frase, lì che lampeggiava.
Allora prenoto.
E così mi ritrovo seduta in una saletta, con un cameriere che attende discretamente, a tentare di capire se qualcuno mi sta prendendo in giro o se veramente un senso da qualche parte c’è. Mentre lo cerco l’occhio mi cade inevitabilmente sui prezzi. Guardo mio fratello quasi terrorizzata. Un piatt(ino) costa sui venti o trenta euro. Il menù di assaggio più economico sessanta.
Lui se ne sta lì tranquillo mentre consiglia sassi che rotolano, uova apparenti, ritorni alle origini.
Mi sorride. La cena la offre lui.
Adesso, mio fratello non è certo uno che naviga nell’oro. E non è nemmeno un fighettino. Gira con una vecchia uno del ‘90 (ogni inverno che riesce a superare, rattoppata dal mitico meccanico Ghiselli, non ci si crede), ha un cellulare che se lo guardi ti viene da dire “cavoli, me lo ricordo questo!” (e vale solo per la generazione dei trentenni), porta gli stessi jeans che usava al liceo (ma le mode girano, prima o poi tornerà in fase) e appena ha due giorni liberi se ne fugge in un piccolo paese della Val Pusteria (lo chiama “il paesello”).
Sto già pensando, va beh me la caverò con un primo, quando vedo arrivare sei mini-tortellini. Gliene faccio assaggiare uno e me ne rimangono cinque. Cucinati in modo fantastico, con una serie di salse con pesto mandorle e del formaggio che non riconosco. Ma sempre drammaticamente cinque.
E quindi mi vedo costretta ad ordinare qualcos’altro.
Nel frattempo arriva il gong. Che cos’è il gong? Un piatto composto da un minitortino di formaggio accompagnato da insalata e da un suono. Indovinate quale. Il cameriere ti serve e provvede a completare la combinazione suonando un piccolo gong. Beh.
Sperimentazione culinaria, d’accordo. Nuove e intriganti combinazioni di sapori, è vero. Ma adesso mi prendete anche un po’ in giro. Diciamocelo e ridiamoci tutti un po’ sopra. E infatti ce lo diciamo. E ci ridiamo anche un po’ sopra.
Ed è ora che è arrivato quel tocco di innegabile inutilità che forse inizio a rilassarmi davvero. Incredibilmente comincio a divertirmi.
Ce ne andiamo solo dopo dolce e caffé, quando ormai è quasi mezzanotte e io non saprò mai quanto abbiamo speso.
Nuvole scorrono veloci, mi soffermo e le osservo. Felice?
23 ottobre 2007 alle 07:37
Sara, ordinando “nuvole scorrono veloci ..” è compresa cascata d’acqua a seconda dell’umore dello chef? ….. Dicasi gavettone?
23 ottobre 2007 alle 20:24
Peccato che non abbia pensato di chiedere al cameriere di portare a Sara un menu senza i prezzi (in molti ristoranti di lo fanno già “di default” - come diciamo noi informatici). Nonostante questo piccolo dettaglio, la serata è filata via liscia e piacevole come l’extra vergine toscano (data la tipologia del post, il paragone capita a fagiolo): abbiamo raggiunto la mezzanotte senza che nemmeno ce ne accorgessimo, cosa strana soprattutto per la nostra eroina, che di solito è abituata a ritmi forsennati e pranzi da “logorìo della vita moderna”. Vi assicuro che tenerla a un tavolo per più di 30 minuti sarebbe un’impresa per chiunque.
Il cuoco del Joia (Pietro Leemann, n.D.A.) è veramente un grande, i suoi sono piatti di “forma e sostanza” (come direbbero i P.G.R.), e la forma si spinge non di rado (soprattutto con quel piccolo gong eheheh) talmente in là da fargli oltrepassare il confine del “ci fa - ci è”.
Indubbiamente, ci fa e ci è.
Secondo me (ma lo aveva già detto Sara), vale la pena di concedersi una di queste esperienze almeno un paio di volte l’anno al prezzo di un paio di ingressi in discoteca (a seconda di quale disco, soprattutto nella zona di Forte dei Marmi, anche uno solo) o di un cambio d’olio alla macchina (se la macchina è un’utilitaria), e sicuramente spendendo molto meno che per una firma sui jeans.
Se vi venisse la curiosità di vedere qualche foto delle strane cose di cui abbiamo parlato in questo post, andate a vedere sul sito di questo “buontempone”: viaggiatore gourmet (vi assicuro che sono divertenti: potrete apprezzare anche la famosa “coltre”, che poi sarebbe una spuma a base di lemongrass che nasconde vari “sapori” da sondare letteralmente con la forchetta).
Insomma, per dirla con l’autrice quando imita Baricco (nel caso in cui ve ne accorgiate, avvertitemi quando non lo imita… eheheh, scherzo… no, davvero, sto scherzando - ed ecco un’altra citazione Baricchiana):
Nuvole scorrono veloci, mi soffermo e le osservo. Felice? Felice.
24 ottobre 2007 alle 17:05
“Un sasso rotola” sarebbe decisamente il piatto adatto a Mick Jagger…
24 ottobre 2007 alle 23:29
Beh, a voler restare sul musicale, per la famosa rubrica “non tutti sanno che” i Gong sono un gruppo di rock progressivo. E adesso vediamo chi riesce a tirare fuori qualcosa da “uovo”…
25 ottobre 2007 alle 09:40
Tu mi stuzzichi…
Ecco qua:
wikipedia:egg (band)
Devo ammettere, però, che senza Google non ti avrei saputo rispondere
25 ottobre 2007 alle 09:57
E adesso non ci resta che il ritorno alle origini.
Back To Innocence degli Enigma vi va bene? Bel video, tra l’altro.
S.
25 ottobre 2007 alle 19:57
Beh “un sasso” e basta (magari “stone cold crazy” - dei queen sarebbe perfetto) andrebbe bene per un sacco di piatti cucinati da certi ristoranti che non hanno bisogno di lasciarti il loro biglietto da visita, perchè finisci per portarti dietro quanto mangiato per almeno due giorni…difficile dimenticare.
26 ottobre 2007 alle 09:07
Beh c’era anche quel tortino di mele rovesciato che Luca si è preso come dessert. Come si chiamava? Country Pie è sicuramente un po’ meno raffinato come nome ma ha un ottimo retrogusto Dylaniano.
26 ottobre 2007 alle 11:59
Occhio a parlare di torte che se si parte con “Cherry pie” (Warrant) si finisce a doppi sensi.