Where the streets have no name.

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Chi mi conosce sa che praticamente non possiedo il senso dell’orientamento. Si sono proprio dimenticati di metterlo nel mio patrimonio genetico (insieme ad un altro paio di cose… ).
Che dire. Mi perdo da quando ero piccola e quindi, in parte ci sono abituata. Non riesco a usare gli elementi geografici come punti di riferimento (fiumi, montagne etc.) né tanto meno a dare un senso ai reticoli di strade. Nord sud est ovest… non ho mai capito da che parte fossero a meno di non trovarmi di fronte a un tramonto (ma, lo sapete, su invisibilia, il sole non tramonta mai :-)) e spesso sbaglio anche con il navigatore: giro troppo presto o troppo tardi o semplicemente mi dimentico e tiro dritto.
Insomma se doveste decidere di abbandonarmi da qualche parte, state pur certi che non tornerò a casa. O almeno non di proposito.
L’unica cosa che sono capace di fare è continuare a vedere facce, parole, espressioni, episodi e ogni tanto provare a raccontarli. E allora, l’altra sera in macchina, davanti all’ennesima strada di cui non ricordavo il nome ho pensato che in realtà quella strada lì il nome non ce l’avrebbe mai avuto. Quella strada era quella in cui avevo cercato di rispondere ad una raffica di domande. E poco più in là c’era quella dove andavo a prendere la pizza quando avevo bisogno della leggerezza di un cartone su cui scrivere sottovoce. E proseguendo avrei trovato l’angolo in cui avevo promesso a TJ che avremmo buttato bambole nel naviglio e, a destra, la strada in cui avevo pensato di abitare se avessi scelto una vita completamente diversa con, a fianco, il controviale alberato dove ho incontrato per caso l’abbaglio di un ricordo. L’incrocio invece è quello dove ho messo un pezzetto di vita nelle mani del mio amico J, come quando lasci il volante di una macchina perché fosse per te scenderesti volentieri e molleresti tutto lì ad arrugginire. La piazza dopo il semaforo quella in cui non smettevo di ridere e sentivo quanto è bello, a volte, non dover pensare a quello che verrà.
Ecco, questo è esattamente quello che ho fatto negli ultimi mesi. Ho viaggiato in questa città, passeggiato in questo mondo di strade senza nome. No, non sono tornata a casa, se ve lo state chiedendo, non questa volta, sono ancora lì a gironzolare. Forse nemmeno ci tornerò. Ma ho scoperto, con stupore, di non essere capitata chissà dove e soprattuto di sapermi orientare, seppure in modo buffo e approssimativo, lì dentro. Me ne sono accorta così, a caso, qualche sera fa, mente tornavo da un concerto. Ed ho pensato che può essere affascinante perdersi senza sapere dove accidenti sei andata a finire ma è altrettanto emozionante, ogni tanto, ritrovarsi.

1 Commento a “Where the streets have no name.”

  1. Eli scrive:

    :-)