Io mi terrei la luna
Il display del telefono si illumina proprio mentre sto per chiudere gli occhi.
“Sei sveglia”.
Cavolo, la punteggiatura.
G., vuoi mettere una buona volta la punteggiatura.
Scrivo senza neanche guardare e poi conto fino a tre.
Riesco a rispondere a metà del primo squillo.
Odio i rumori nella notte. Un bisbiglio diventa un frastuono.
“Ciao… non dormivi vero?”.
E lo vedo subito, dall’altra parte, il sorriso stropicciato dalla stanchezza e dall’indecisione.
“No, no”. E in effetti è vero. Ho dormito talmente poco nelle ultime due settimane che dovrei essere già nel mondo dei sogni e invece non è mai immediato.
Ma questo G. lo sa bene. E infatti, come sempre, è lei che me lo dice. E aggiunge:
“Quella storia della felicità non funziona”.
“Quale storia?”
“Quella che quando ti sembra di essere felice mangi bene, dormi meglio e ti senti in pace con l’universo.”
“Beh, di solito se pensi a qualcosa di bello è più facile addormentarsi no?” Non ne sono convinta a dire la verità pero’ me lo diceva sempre mia mamma, da piccola, quando capitava che non riuscissi a dormire. “Pensa a qualcosa di bello” diceva. Chissà perché uno, dei miliardi di cose che gli dicono quando è piccolo, si va a ricordare una roba così. E poi magari la va anche a dire a qualcun’altro.
“Non è mica vero. Che succede se è troppo bello. Ti porta via, ti porta da un’altra parte. E non dormi più”
Caspita. Stavolta è irraggiungibile.
“Quindi?”
“Quindi va reso tutto più normale, forse”.
“Ok, hai la risposta. Sei a posto”
“Mica tanto. Dimmi come faccio a renderlo normale. Mi serve un sogno più ordinario, uno di quelli, appunto, che ti fanno dormire.”
Cavoli. Mi hanno chiesto di inventare sms, cartoline, biglietti, e-mail, telefonate. Di tutto. Ma riscrivere i sogni proprio no. Tra l’altro avrei già un bel da fare con i miei.
Però siamo qua. Sono le due e mezzo di notte e anche stasera dormirò meno di sei ore.
Ripenso alla conversazione con ETR di oggi pomeriggio. E il caffè macchiato mi sembra una buona soluzione. Lì la partenza era un po’ diversa. L’arrivo pero’ mi sembra lo stesso.
E’ bello lasciarsi affascinare. Gli orizzonti sono sempre sconfinati, anche quando in realtà finiscono dietro l’angolo. E ti sembra sempre di parlare della luna, e di non poterne più fare a meno, anche quando non ti accorgi che stai semplicemente descrivendo un caffè con latte, che magari si è pure un po’ rovesciato. E allora fregatene, gioca, scherza, ridi. Parla di notti e cieli stellati. Tanto il caffè, anche nei bar più lenti, finisce sempre per arrivare.
Ma come si fa ad avere tutta quella fretta.
Dove devi andare G.
“Dove sei?”
“Sto tornando a casa”
“Passa di qui, ci mangiamo il budino alla cioccolata.”
“Cioccolata?”
“Si”
…
…
“Dai, ok”
Non è difficile convincerla. Si vede, che non ha proprio voglia di dormire.
Finisco per sorridere anch’io, mentre lascio le coperte e mi infilo un maglione.
Pazienza, domani, farò ancora un po’ più di fatica ad alzarmi.
Però adesso non mi pesa.
Forse perché se fossi in lei, se fossi G, io, mi terrei la luna.
Musica: The Smiths- This Charming Man
25 ottobre 2008 alle 21:32
Te l’avranno già chiesto tutti chi è G….
26 ottobre 2008 alle 14:00
Beh, si.
G. è un po’ come Shatzy Shell (niente a che vedere con quello della benzina) ma con una fine migliore.