Mullholland A.
Le storie mi affascinano. Da sempre. Forse è per questo che mi piace così tanto scrivere.
Siamo circondati da personaggi e da racconti che se ne stanno nascosti lì, nelle pieghe di una vita reale apparentemente insipida e dimessa.
Questo è il loro grande fascino.
Sono personaggi appena disegnati e le loro storie sono soltanto intraviste, spesso lasciate a metà. Però vale la pena di raccontarle e, a volte, in notti senza sogni, immaginarle.
Mulholland A.
La strada dove abito a Milano è una via tranquilla poco lontana dal centro. Ex case popolari di anziani milanesi che lentamente si trasformano in graziosi appartamenti di giovani professionisti al primo acquisto o funzionali abitazioni per gli studenti di medicina o del poco distante politecnico.
Nel giro di pochi metri, diviso in piccoli negozietti, c’è tutto quello di cui puoi aver bisogno, dal latte fresco alla stampa di una foto digitale.
Davanti al mio portone, dall’altra parte della strada c’è un locale da aperitivi molto frequentato che la notte crea un viavai di ragazzi e una serie di lamentare da chi vorrebbe il coprifuoco sonoro dopo le 9 di sera. Verso le due il S. chiude, le macchine in doppia fila spariscono insieme alle chiacchiere e improvvisamente il quartiere sembra assopirsi.
E’ in quel momento, esaltati dal silenzio e dal vuoto della strada lasciata definitivamente libera, che i pochi suoni che si sentono sembrano amplificati, ogni singolo gesto acquista un’importanza inaspettata e le persone che compaiono diventano dei fantasmi spuntati dal nulla.
Ogni tanto, in questi momenti di transizione tra un giorno e un altro, mi capita di fermarmi a parlare in macchina con il mio amico John F.
Stare in macchina di notte mi tranquillizza. Non ve lo so spiegare. Lo facevo al liceo quando non c’era altro posto per andare ed era lì che venivano fuori le frasi più assurde e le risposte più importanti, le risate più fragorose e i silenzi più belli.
Mi è rimasta addosso quella cosa lì, da ragazzina forse.
Alla fine è una specie di non luogo e a me sfumare un po’ i contorni è sempre piaciuto.
Qualche sera fa, appunto, ero in macchina con il mio amico John F. Le due passate da poco, la strada ormai svuotata, praticamente deserta
Io come al solito mi sto aggrovigliando nella difficoltà di un discorso semplice, quando arriva una macchina a gran velocità, frena facendo fischiare le gomme sull’asfalto e si ferma proprio davanti a noi. Si apre la portiera del passeggero, una ragazza esce di corsa e si infila in un portone. La macchina sgomma di nuovo e riparte. Dopo poco torna il silenzio più completo.
Io mi accorgo di avere ancora il respiro in gola.
Di giorno, nel traffico, avrei solo pensato, di fretta, ma come cazzo guida questo. Di notte, con il buio e l’assenza di rumori, mi sono spaventata a morte. Ma non solo. Sono anche diventata curiosa.
Guardo John F. che capisce e mi dice “Hanno litigato.”
Lui ha questo senso pratico che a me manca completamente, soprattutto nel capire le persone. A lui basta un secondo, a me non basta una vita. Certo, anche lui fa i suoi errori, ma è come un disegnatore che con tre tratti costruisce un oggetto. Ecco, lui nelle persone e nelle situazioni riesce a vedere subito quei tre tratti lì. D’accordo, poi c’è tutto il resto ma lo invidio un po’ perché io, tra le mille linee su cui poso gli occhi, al primo colpo non li becco mai.
Continuiamo a chiacchierare, quando arriva un’altra macchina. La strada è vuota, qualsiasi movimento è un evento. Ma questa arriva lentamente, mette la freccia e si ferma davanti al cancello di fronte a noi, dall’altra parte della strada. Sempre molto lentamente scendono una signora e una ragazzina. Poi compare anche il guidatore, un signore di mezza età. Mentre le saluta lascia la macchina accesa anche se non sembra avere alcuna fretta. Al contrario, quasi temporeggia. Sarà una famiglia, penso. Strano vedere una famigliola rientrare alle 2 e 30 di notte. Poi lui risale in macchina, aspetta che loro si siano richiuse il cancello alle spalle e, sempre lentamente, riparte.
Guardo John F. , di nuovo, che stavolta azzarda di più: “Sono divorziati. Lui le ha appena riaccompagnate”
Mmm. in effetti potrebbe tornare. Stanotte però mi sembra tutto strano.
Come la musica che sto ascoltando sprofondata nel sedile della macchina. Ma questa è un’altra storia.
John F. è rimasto qualche minuto in piedi, fuori, appoggiato al finestrino e mentre rientra arriva di nuovo la macchina della sgommata di prima. Stavolta la guida è più o meno normale. Accosta davanti a noi, esattamente come venti minuti fa.
“Lei l’ha chiamato”.
John F. mi spiega di averla vista poco prima, dentro al portone con il cellulare.
Vedo la ragazza salire in macchina con lui.
Forse avevano litigato davvero… E’ che stanotte sembra tutto senza senso.
“Guarda, guarda” fa John F. “è tornata anche l’altra macchina”.
“Ma sei sicuro che sia quella?”
In effetti è vero, è tornata anche la macchina del signore di mezza età, che stavolta pero’ si è fermata in fondo alla strada. Lui non fa niente. Rimane dentro. Sembra aspettare qualcosa che non arriva.
“Cosa cavolo aspetta?”
La risposta non c’è. Il tizio rimane nell’auto. Non tenta di parcheggiare, non tenta di uscire. Rimane lì, in seconda fila, alla fine della strada.
Io e John F. abbiamo lo sguardo fisso sul cancello dietro al quale sono scomparse poco prima la donna e la ragazzina. Ma non succede niente.
Ad un certo punto la macchina, sempre senza fretta, riparte. Ci passa davanti e si allontana lungo la strada fino a quando la perdiamo di vista.
Ci guardiamo.
Questa volta la storia è più complicata. Si può immaginare di tutto. Storie d’amore, di rapimenti, di traffici illegali. Ok ok sto esagerando. Tre tratti, solo tre tratti. E’ che non ci riesco proprio. Forse ha solo dimenticato qualcosa. Forse non sono nemmeno una famiglia.
Le linee forti scolorano, le figure sbiadiscono.
Lui sta scomparendo.
Ha bisogno di una storia.
E allora gliela scriveremo. Sono solo le tre, in una deserta e silenziosa Mulholland A.
Musica: Inedita. Almeno fino a quando John F. non cambierà idea.
27 luglio 2008 alle 17:21
Secondo me il tipo è ancora in cerca di parcheggio…
27 luglio 2008 alle 17:24
Lui ha appuntamento con la seconda moglie che abita due palazzi più in là. Lei da buca, lui pensa chissenefrega e se ne va.
28 luglio 2008 alle 13:48
In realtà controlla dove vanno i piccioni di notte…
28 luglio 2008 alle 14:19
E’ un investigatore privato. Non avete visto il caffè e le ciambelline nell’altra mano?
29 luglio 2008 alle 17:18
ma farvi gli affari vostri? Magari sto tipo avrà detto, chissà perchè quei due in macchina mi guardano come se fossi divorziato ed avessi appena accompagnato a casa la mia famiglia invece di baciarsi? devono essere una coppia triste!
30 luglio 2008 alle 10:51
Ok. Cambiamo prospettiva.
C’è una macchina parcheggiata vicino al S. ma il locale ormai è chiuso. Sono passate le due. in giro non c’è più nessuno. I due sembrano chiacchierare. Passa il tempo e rimangono lì. Lui ad un certo punto scende dalla macchina e si appoggia alla portiera. Lei rimane seduta dentro. Passano alcuni minuti. Lui guarda intorno la strada vuota, i palazzi e una ragazza che telefona appoggiata al portone, poco più in là. Poi rientra in macchina. Non stanno insieme di sicuro non si sono nemmeno dati un bacio. Che siano al primo appuntamento? No, nessuno dei due ci sta provando.
Sono quasi le tre quando lei all’improvviso scende dalla macchina, attraversa la strada con un piccola corsa e entra nel cancello di uno dei palazzi. Con un passo frettoloso sparisce velocemente dentro il cortile.
Nel seguire lei perdiamo lui, non sappiamo se l’ha guardata, se ha aspettato che entrasse o se le ha fatto un ultimo gesto di saluto con la mano.
La strada è di nuovo deserta.
30 luglio 2008 alle 23:51
Altra prospettiva possibile…
I due sono in macchina e stanno effettivamente chiacchierando.
Lui le ha chiesto, mentre erano ancora in movimento, di ritorno da un locale, di descrivergli new york perché non ci è mai stato e lei subito ha attaccato con un monologo lunghissimo che lo ha sfiancato, così, per non essere scortese, con la scusa di osservare meglio l’insolita scena che si stava svolgendo al di fuori dell’abitacolo, è sceso a prendere un po’ d’aria, riuscendo in questo modo a interromperla. Rientrando in auto i due cominciano a formulare delle ipotesi su tutto quel viavai improvviso di auto e si rilassano un po’.
Sono al primo appuntamento, lui la trova interessante, ma molto diversa da sè.
E’ soprattutto quell’aria così seria a spiazzarlo, a metterlo un po’ a disagio, forse solo perché per lui questa è una cosa nuova, così decide di non provarci anche se ha trascorso con lei una piacevole serata e in realtà un bacio glielo darebbe anche volentieri, solo che gli sembra che lei abbia tutta l’aria di non volerlo quel bacio, non ostante paia contenta della serata appena trascorsa.
Verso le tre i due si salutano; lei esce dall’auto, chiude la porta piano, attraversa la strada che la separa dal portoncino di casa sua e ci si infila dentro senza far caso a lui che ha aspettato che entrasse, l’ha seguita con lo sguardo e ha pure accennato un saluto con la mano per dire più che altro a sé stesso che era ora di tornarsene a casa.
La strada torna a riflettere indifferente la fredda luci dei lampioni.
31 luglio 2008 alle 11:58
Sento il dolore di una frase non detta, di quell’interminabile distanza fra due menti, due corpi, due anime così diverse eppur molto simili. NOn farti piegare dal corso del fato, lascia che la tua vita scorra come acqua corrente, e che tu non divenga schiavo del rifiuto…perchè a tutti è concesso sognare, amare, vivere secondo le proprie esigenze.
31 luglio 2008 alle 13:02
Hey Jack, eri tu in macchina con Invisibilia?
31 luglio 2008 alle 14:31
ma certo che no
31 luglio 2008 alle 14:40
ah ok, praticamente la sintesi era un “ti do picche per non ricevere picche?”
31 luglio 2008 alle 22:00
Un giorno o l’altro scriverò la vera storia di S. e di John F. entrambi felicemente fidanzati e da sempre solo amici, ma di quelli che si vogliono bene sul serio e non per sentito dire.
Niente baci e niente NY, niente primo appuntamento e nessuna serata romantica ma una cosa, del ritratto immaginario, è vera. Lei ha sempre pensato a quanto lui fosse “interessante ma molto diverso da sé”.
Ah, dimenticavo. In macchina lei stava ascoltando una canzone, ma questa è davvero un’altra storia…
1 agosto 2008 alle 12:24
A Invisibilia piace mettere i puntini sulle “i”, fa bene a farlo e in questo è bravissima… (non per nulla ne può contare cinque nel suo pseudonimo).
Così ogni cosa è dove deve essere, tutto è tranquillo, regna la pace, tutti possono dormire sonoramente “and everything is all right”…
Senti Pesto, qual era poi il segreto per fare il pesto? Più lo pesti e più diventa buono?
1 agosto 2008 alle 13:00
Ah, non è una questione di banale forza bruta, ma di cura dei particolari…un po’ come mettere i puntini sulle “i”.
1 agosto 2008 alle 15:55
come sempre ognuno si fa il suo film, che spesso con la realtà non c’entra niente
aledef: troppa malinconia…
1 agosto 2008 alle 19:38
Sono d’accordo su una cosa: il tipo di mezza età, che personalmente ritengo il personaggio più interessante di questa rappresentazione milanese notturna, ha bisogno di una storia.
Se invisibìlia (ops, ho messo un puntino storto!) ha voglia di scriverla, magari mentre si ascolta un pezzo dei Milli Vanilli e si beve un caffè illÿ (wow, qua ho messo sette puntini in tutto!)…
P.S.
NY c’è sempre, magari si era nascosta un po’ meglio del solito, ma sotto sotto…
2 agosto 2008 alle 15:58
E’ vero. New York c’è sempre. E ognuno ha la sua.
Altrimenti le cose sarebbero sempre dove devono essere, tutto sarebbe tranquillo, regnerebbe la pace etc etc.
Che palle.
Con John F. a dire il vero i puntini sulle i mi escono sempre un po’ storti. Anzi non sono nemmeno più sicura di doverle usare tutte quelle i. (E adesso che scrivo non riesco a non immaginare la sua battuta di chiusura).
Per le numerose fan di John: non lo so come si fa a conquistarlo. Le storie su quello che si inventano le ragazze si sprecano… Ma potrebbe sempre sorprendervi e, per qualche incomprensibile motivo, essere lui a venirvi a cercare.