Passeggio con l’ombrello.
E’ quasi l’una quando torno a casa. Di fretta. Piove, di nuovo. Piove da cinque giorni. Nessun parcheggio sotto casa, la macchina è finita a mezzo chilometro di distanza. Giacca di jeans usata come ombrello, faccio slalom tra le pozzanghere.
Lavorato fino a tardi, saltata per l’ennesima volta la cena con T. e S. , guidato nel traffico per 40 minuti, raggiunti per miracolo gli After che suonavano a Radio Popolare.
Sono finalmente sul marciapiede di casa quando incrocio un tipo. Mi accorgo che ha detto qualcosa solo quando lui è già alle spalle. Non ho capito.
E allora faccio una cosa tanto naturale quanto impensabile per me, all’una di notte, da sola, a Milano, sotto la pioggia. Qualcosa di sconsideratamente immediato.
Mi giro.
“Cosa?”
Lui ripete.
“Passeggio”. Sorride con tranquillità. “Passeggio con l’ombrello”.
E va.
Adesso voi penserete che questo avesse qualche rotella fuori posto.
O che fosse un vecchio insonne e un po’ svampito.
Quasi l’ho pensato anch’io. Perché quando mi è passato davanti mica l’ho visto. L’ho visto dopo, quando ormai non c’era più e di fronte a me c’era solo il cancello di casa e nell’aria una specie di strana allegria.
Era un ragazzo. Maglione, capelli ricci. E sopra di lui un grande ombrello scuro.
Mentre cerco le chiavi mi chiedo da dove arrivi quell’immagine. Quando ho avuto il tempo di registrarla. Eppure è lì.
Vi è mai capitato di ricordare particolari a cui vi sembra di non aver prestato attenzione? Ad un certo punto, semplicemente sono davanti a voi, saltati fuori chissà da dove.
Piove da giorni, un ragazzo passeggia con l’ombrello, all’una di notte, sotto casa mia. Non ha la giacca. Gli esce una frase che potrebbe dire un bambino. E per un momento ripara anche me.
1 giugno 2008 alle 15:17
“Piove, ma dove appari
non è acqua né atmosfera,
piove perché se non sei
è solo la mancanza
e può affogare.”
Non si adatta molto all’atmosfera del tuo post, ma mi è venuta in mente per analogia meteorologica e potrebbe funzionare come collegamento fra il post precedente e questo.
Prometto che la prossima volta che citerò un ligure sarà Balbontin.
3 giugno 2008 alle 20:12
“Life is like a rainbow. You need both the sun and the rain to make its colors appear.”
5 giugno 2008 alle 14:01
sei sicura cara la mia “invisibilia d’arco” di non essere stata così assorta nei tuoi pensieri che il tipo riccioluto ha parlato la prima volta per dirti “passeggio…” e che sul suo blog non abbia appena postato una discussione nella quale si chiede perchè una ragazza che non aveva particolarmente notato ma che come lui passeggiava per milano all’una con l’ombrello sotto la pioggia le abbia chiesto “cosa?”?
5 giugno 2008 alle 21:33
Infatti non mi ha notato lui, l’ho notato io. Forse perché l’ombrello avrei tanto voluto averlo.
Se avesse un blog? Sarebbe l’opposto di quello che sembra. Magari un patito dell’heavy metal “corna al cielo e fottuto rock’n'roll”. Che l’altra notte ha fatto un sogno assurdo. Pioveva e lui stava camminando per strada…
7 giugno 2008 alle 13:40
Ah sì? Da qualche tempo tutte le persone che incontri sarebbero fottuti rockers, a sentire te.
Invece per me era uno melassosissimo tipo Anthony di Candy Candy.
Anzi, no… era il fratello di Tricarico.
Anzi, no… era proprio Tricarico!
7 giugno 2008 alle 14:41
E’ che una volta che ne incontri uno ti sembra di vederli da tutte le parti…
7 giugno 2008 alle 14:46
Infatti i Terence non li incontri mai…
Tricarico? Nel caso fosse stato lui avrei scritto:
… Passeggio … (pausa)
(sembra che continui a parlare e invece… pausa)
… Passeggio con l’ombrello… (pausa).
10 giugno 2008 alle 19:13
sarò ripetitivo , ma la pioggia annaffia la terra che fa crescere il mio basilico, da oggi però sento le foglioline canticchiare “voglio una vita tranquilla la la” …staranno mica diventando marijuana?