Little Miss S.
“perché vada lontano, fa che gli sia dolce,
anche la pioggia nelle scarpe,
anche la solitudine”
S. è una di quelle persone che si innamora delle storie dei libri, dei personaggi dei film e dei posti dimenticati da dio.
Entra dalla porta principale e poi non trova più l’uscita.
S. è una di quelle persone che rimangono attaccate ai pezzetti di vita che le appaiono davanti. I piccoli gesti della gente che si muove, infreddolita, in strada, il viso delle commesse che aspettano sulla porta dei negozi di provincia, le famiglie del nord che scaricano, stanche, le macchine delle vacanze.
S. è una di quelle persone che quelle cose lì se le ricorda.
Parlo al plurale perché lei ha sempre sperato che ci fosse qualcun’altro, perso nella stessa ordinaria follia, qualcuno che la facesse sentire meno sola.
Quando era più piccola, i maestri prima e i professori poi, scrivevano sempre, nei loro giudizi di fine anno, parole come “dotata di particolare sensibilità”, ma nessuno le ha mai spiegato bene che cosa volesse dire.
Solo più tardi qualcuno ha provato a ipotizzare che fosse un modo per dare un senso a tutta quella marmaglia di emozioni, l’intensità che assumevano in lei le piccole sensazioni, la sua tristezza improvvisa e senza giustificazione.
E’ lì che ha cominciato a pensare che qualsiasi cosa fosse, doveva cercare di controllarla, indirizzarla su qualcosa che potesse darle un senso.
“Vuoi sapere che cos’è? E’ un dono e una maledizione”, ha tagliato corto un giorno un’insegnante di teatro americana.
E così lei ha deciso che se c’era del buono, bisognava tirarlo fuori perché le maledizioni esistono soltanto quando ci credi,
S. è una di quelle persone che se la incontri non la riconosci. Perché quello che vedi di lei non corrisponde quasi mai a quello che fa. E allora ci vuole sempre un po’ fatica a capire chi sia in realtà.
Lei lo sa. Cammina sempre un po’ sul bordo, tra chi ha il destino già delineato e chi invece prova a reinvertarselo. Spesso se la cava, ma in certi giorni vede l’equilibrio sfaldarsi e non può farci niente.
Se la incontrate e siete abbastanza attenti da accorgervi che su quel bordo adesso cammina a fatica, accennate un sorriso e magari ricordatele quando ha passato la notte a recitare una scena del video d’esame in una lavanderia a gettoni di Brooklyn. A volte funziona.
In ogni caso, non vi preoccupate. Le passerà.
11 gennaio 2008 alle 03:55
Ma questa little miss S. non ha capito che i fantasmi non la renderanno felice? Che se entra dall’uscita pensando che sia l’entrata, poi avrà dei problemi ad orientarsi? Che le commesse, snervate da interminabili giornate chiuse in un negozio, la vedono passeggiare fuori e si chiedono che cos’abbia da guardare? Che il capo famiglia con la stationwagon straripante di bagagli e con rumorosissima famiglia a seguito un pochino di invidia ce l’avrà nel notare quel suo spensierato incedere svelto e silenzioso? Che “dotata di particolare sensibilità” è un modo carino di dire che ha un piccolo disturbo emotivo, nulla di grave, ma cronico? Che se non la riconosci tu, quando la incontri per strada, manco ti vede perché sta pensando ai fatti suoi? Che la gente desidera condividere il ricordo di ciò che ha vissuto con le persone con cui lo ha vissuto? Ma soprattutto, possibile che questa little S. non abbia ancora capito che d’inverno ci vogliono le scarpe invernali?
Comunque, se mai dovessi presentarmi little S., probabilmente la inviterei a uscire, perché comunque sia, anche con tutti questi tremendi difetti, mi sembra una persona speciale:)
11 gennaio 2008 alle 10:19
No, no. D’inverno ci vogliono le scarpe estive. Altrimenti poi l’estate non arriva più.
11 gennaio 2008 alle 11:14
Perdincibacco Frank, non avrei potuto scrivere di meglio! Complimenti.
11 gennaio 2008 alle 14:39
Eppure qualcuno giura di averla vista fermarsi. Ma chi lo dice, ve lo assicuro, aveva un paio di scarpe di tela, ammollate dalla pioggia, che lo stavano portando dritto dritto verso l’uscita sbagliata.
E quindi potrebbe pure esserselo inventato.
Caro O’Ball. miss S. non te la posso proprio presentare, pero’ ci sarebbe una commessa snervata dalle inteminabili attese in negozio con una station wagon ereditata dagli zii che non aspetta altro di essere caricata di bagagli. Perfettamente truccata, saluta sempre e ha appena comprato in saldo un paio di stivali impermeabili. Fossi in te ci farei un pensierino…
11 gennaio 2008 alle 17:00
Beh, se è un’amica di miss S. senz’altro va conosciuta, poi se la sposavo non lo so…
11 gennaio 2008 alle 21:17
perché vada lontano, fa che gli sia dolce, anche la pioggia nelle scarpe… grande de andré
12 gennaio 2008 alle 00:35
Ma non era “De Gregori”?
12 gennaio 2008 alle 00:37
Beh, e allora perché non “De Piscopo”, con l’indimenticabile:
“Alelai alelai alelai Vieni appresso a me!”
12 gennaio 2008 alle 10:02
bravo etr500.
finalmente qualcuno batte un colpo.