Zivago
sabato 18 luglio 2009Il telefono sobbalza all’improvviso, sul legno, in una buia campagna pugliese.
- Hey ma dove sei finita… ti sento come se fossi in un microonde.
- Eh.
- Lavori?
- Già.
- Dove sei?
- Da qualche parte, in una vecchia masseria.
- …
- …
- Hey.
- Sì.
- Ci sei ancora?
- Sì, non c’è segnale.
- Ma ti mandano sempre in mezzo al nulla. Sei da sola?
- Sì… cioè no, c’è un ragno enorme di fianco alla cassettiera.
- Ah. E dormi con il ragno?
- Sì
- Non l’hai ucciso?
- No.
- E non l’hai nemmeno buttato fuori dalla finestra…
- No. Sono troppo stanca.
- Insomma non hai fatto niente.
- Gli ho dato un nome.
- (ride) Beh, chiaro.
- …
- Non sento.
- …
- Ascolta miss linea verde ti richiamo quando torni nella civiltà, volevo solo sentire se stavi bene, se eri sempre tu, insomma.
- .. on.. ne sono proprio …icura.
- Cosa?
- Non ne sono proprio sicura.
- Mmm. Ti chiamo domani?
- Ok. Ma non riesco sempre a rispondere.
- Ci provo. Notte.
- … otte
Appoggio il cellulare sulla cassettiera, posizionandolo in bilico tra lo specchio e un libro, fino a quando non vedo una misera tacca ricomparire sullo schermo. Guardo il ragno e mi butto sul letto. Sono sfinita. Un aereo all’aba e poi chilometri e chilometri di strada. Personaggi assurdi persi in posti che forse non esistono nemmeno.
Chiudo gli occhi. Devo trovare il coraggio di alzarmi e aprire la valigia.
Il cellulare suona di nuovo.
- Pronto - rispondo appiccicandomi allo specchio, nel tentativo di non far cadere la linea.
- Una cosa…
- Dimmi.
- Come l’hai chiamato il ragno?
- Zivago.
- Ah ok. Tranquilla, sei sempre tu. Ti chiamo domani, dormi.
- Sì.
Forse dovrei mangiare, ma ho troppo sonno.
Guardo Zivago, la valigia, il letto.
Un mare di frasi che rappresentano distanze, da che qualcosa che non ho ancora capito cos’è.
Domani. Penserò domani.