Stamattina mi sono svegliata con addosso ancora un senso di instabilità.
I postumi di una puntata radiofonica davvero assurda.
Iniziamo a trasmettere alle 20 dallo chalet di Piazza Grande (Lucca), con gli aspiranti pattinatori che fremono dietro le transenne ancora chiuse. E’ bello, per una volta, essere immersi tra la gente. Me l’ero dimenticato, dopo un lungo periodo passato dentro uno studio radiofonico semi-vuoto, di notte, quando nonostante i tanti sms si fa fatica a pensare che dall’altra parte ci sia davvero qualcuno che ti ascolta. Qui invece la gente la vedi dritta davanti a te, che passeggia, pattina, chiacchiera, ti guarda un po’ curiosa dall’altra parte del vetro mentre ti ascolta in diffusione. E capita anche che qualche ascoltatore storico si materializzi improvvisamente. Che buffo associare un viso a una serie di messaggi. Così scopri che “Tondo” è davvero alto 2 metri e 10 e che “Clarissa” è più adulta di quanto ti immaginavi. Cose così.
La serata poteva anche finire in questo modo, con lo strano effetto di un radio- acquario che dal mondo non si nasconde ma che invece lo guarda passare.
Ma a Stefano viene in mente un’idea.
In quattro e quattr’otto vengo catapultata fuori dallo chalet, direttamente sulla pista, con un paio di pattini ai piedi e un microfono in mano. Peccato che sia la prima volta nella mia vita che provo a pattinare sul ghiaccio (le rotelle con cui mi sono divertita un po’ quando ero piccola sono tutta un’altra storia). La domanda, un po’ di tutti, è quando cadrò.
Ma la provvidenza arriva in mio soccorso sottoforma di un giovane istruttore di pattinaggio, che mi dice “tranquilla, se ci sono io non cadi”. Seeeee, cambia frase amico perché io qui ho un doppio compito: scivolare su questo ghiaccio senza rotolare per terra e continuare a parlare, rimbalzandomi con Stefano dentro lo chalet. I primi giri li faccio abbarbicata al mio maestro e mi accorgo con stupore di una cosa: non è la goffaggine con cui tento di tenermi in piedi ma è la scioltezza con cui volano via le parole. Ma pensa. Uno si concentra su qualcos’altro, per riportare a casa tutte le ossa, e finisce che le parole scivolano via da sole, altro che i pattini sul ghiaccio.
Avevano ragione gli americani e i miei insegnanti che per farci imparare a recitare, una volta hanno messo tutta la mia classe a fare ogni genere di attività fisica, lasciando che le battute venissero fuori a caso. Al momento mi sembrava una cosa senza senso. Guarda tu quando uno deve capire qualcosa che gli hanno detto due anni prima.
Il mio multitasking batte il record e io mi reggo in piedi con dignità, tanto che il mio maestro comincia a farmi andare a da sola, guardandomi a vista con lo sguardo “telavevodettoio”.
E’ con orgoglio che concludo i miei giri e alle 23.20, con quasi mezz’ora di sforo, anche la puntata in radio.
25 dicembre 2007, anche se ti ostini a sbuffare, non si sa mai cosa ti puo’ riservare un Natale.
P.s. Giovedì 27 dicembre si replica