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E lei è solo questo?

domenica 20 gennaio 2008

House: E lei è solo questo? Un musicista?
Jhg: Ho solo una cosa, proprio come lei.
House: Davvero? Mi conosce meglio di quanto io non conosca lei.
Jhg: La vedo zoppicare e vedo il dito senza anello. E quella sua natura ossessiva, parla chiaro. Non si rischia la galera e la professione solo per salvare qualcuno che non vuole se non si è spinti da una cosa, quella cosa. La ragione per cui la gente si sposa e fa figli. È perché non hanno quella cosa che dà una sferzata al cuore. Io ho la musica, lei ha questo. Quella cosa a cui pensi per tutta la giornata, e che ti mantiene nel giro dei normali. Oh sì, noi siamo grandi, siamo i migliori. Quello che ci manca è tutto il resto. Una donna che ci aspetta a casa con un drink e un bacio, non l’avremo mai.
House: Ecco perché Dio ha inventato il microonde.
Jhg: Sì, ma quando è finita, è finita.
House: Già.

Cinema, racconti, saluti.

giovedì 17 gennaio 2008

Questo post è davvero difficile da scrivere.
Chiudo la telefonata e scendo giù ad aspettare in strada. Piove. E’ uno di quei giorni in cui piove da quando ti svegli la mattina e sai che non migliorerà. Arriva il mio taxi, salgo su, sgocciolando sul sedile. Do l’indirizzo e aspetto.
“Ma va davvero al cinema a quest’ora?”
Al tassista sembra strano. In parte lo è, ma a me è stranamente familiare, mi ricorda le lezioni all’università.
Guardo l’orologio, è mezzogiorno e mezzo.
“Sono proiezioni stampa”.
Avete presente quando sensazioni nuove e vecchie si mischiano insieme e non si sa più esattamente come distinguerle? E’ come aver amalgamato gli ingredienti di una ricetta, poi non si possono più separare.
Mi bagno di nuovo mentre mi infilo dentro il cinema. Oggi la pioggia è proprio lì dove deve stare e non la cambierei per nessuna giornata di sole.
Il film è “signorinaeffe” di Wilma Labate: 1980, Fiat, l’ultimo grande sciopero della classe operaia, la fine di un’epoca di contestazioni. E una storia d’amore, drammatica, ribelle, senza speranza. Tra gli attori c’è il bravissimo Filippo Timi che incontrero’ domani a YN.
Sui titoli di coda esco dalla sala per non ascoltare inutili chiacchiere di inutili giornalisti e di nuovo salgo su un taxi.
Piove ancora.
Per voi tutto questo non ha alcun senso, per me suona come un saluto. A MC e ai racconti appassionati, rabbiosi, increduli della Ze. Ad una piccola sala cinema di tanto tempo fa e a chi ci credeva. Non lo so cosa rimane, me lo chiedo, ci penso, ma non lo so. Ci vorrebbe un’azione, ma non c’è. Non esiste.
E allora?
Allora rimangono frasi che adesso diventano promesse. Restano l’impegno, la fedeltà, la fiducia nei propri progetti.
E se fossimo dentro un film forse ora smetterebbe di piovere.
Invece sono arrivata e salto giù dentro un muro d’acqua.
Ho le scarpe invernali, lo giuro, ma vi assicuro che i piedi continuano a bagnarsi.

xxx

In sala, nel mio ipod, nella testa: Patty Smith, We Three

Milano For Zombies

domenica 13 gennaio 2008

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Non sono mai stata brava a descrivere i luoghi. Insomma tirar fuori l’anima da una giungla di vie o da una serie di case affacciate su di noi che passiamo veloci pensando a domani non è mai stato il mio forte. Ma non crediate che sia il paesaggio urbano a spaventarmi. Guardate un tramonto sul mare e scrivete due righe che non siano banali. Ecco perché su invisibilia il sole non tramonta praticamente mai (con qualche piccola eccezione, lo ammetto)
E’ anche per questo che apprezzo in modo particolare chi dei luoghi riesce a dire qualcosa.
Ecco, a. non solo lo fa molto bene, ma prende anche come oggetto una città che io, pur non odiando come molti, continuo a sentirmi un po’ incollata addosso.
Qui trovate il pdf di Milano For Zombies, ma per una manciata di euro potete prendere una delle 150 copie dell’edizione cartacea. La mia è la numero 14.

P.s. Non dovrebbe esserci della musica in sottofondo a questo post, pero’ la tentazione è troppo forte. Di solito a sceglierla è lui, ma per una volta fatemi invertire le parti.
E allora.
Musica: The Enemy- We’ll Live And Die In These Towns

Little Miss S.

giovedì 10 gennaio 2008

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“perché vada lontano, fa che gli sia dolce,
anche la pioggia nelle scarpe,
anche la solitudine”

S. è una di quelle persone che si innamora delle storie dei libri, dei personaggi dei film e dei posti dimenticati da dio.
Entra dalla porta principale e poi non trova più l’uscita.
S. è una di quelle persone che rimangono attaccate ai pezzetti di vita che le appaiono davanti. I piccoli gesti della gente che si muove, infreddolita, in strada, il viso delle commesse che aspettano sulla porta dei negozi di provincia, le famiglie del nord che scaricano, stanche, le macchine delle vacanze.
S. è una di quelle persone che quelle cose lì se le ricorda.
Parlo al plurale perché lei ha sempre sperato che ci fosse qualcun’altro, perso nella stessa ordinaria follia, qualcuno che la facesse sentire meno sola.
Quando era più piccola, i maestri prima e i professori poi, scrivevano sempre, nei loro giudizi di fine anno, parole come “dotata di particolare sensibilità”, ma nessuno le ha mai spiegato bene che cosa volesse dire.
Solo più tardi qualcuno ha provato a ipotizzare che fosse un modo per dare un senso a tutta quella marmaglia di emozioni, l’intensità che assumevano in lei le piccole sensazioni, la sua tristezza improvvisa e senza giustificazione.
E’ lì che ha cominciato a pensare che qualsiasi cosa fosse, doveva cercare di controllarla, indirizzarla su qualcosa che potesse darle un senso.
“Vuoi sapere che cos’è? E’ un dono e una maledizione”, ha tagliato corto un giorno un’insegnante di teatro americana.
E così lei ha deciso che se c’era del buono, bisognava tirarlo fuori perché le maledizioni esistono soltanto quando ci credi,
S. è una di quelle persone che se la incontri non la riconosci. Perché quello che vedi di lei non corrisponde quasi mai a quello che fa. E allora ci vuole sempre un po’ fatica a capire chi sia in realtà.
Lei lo sa. Cammina sempre un po’ sul bordo, tra chi ha il destino già delineato e chi invece prova a reinvertarselo. Spesso se la cava, ma in certi giorni vede l’equilibrio sfaldarsi e non può farci niente.
Se la incontrate e siete abbastanza attenti da accorgervi che su quel bordo adesso cammina a fatica, accennate un sorriso e magari ricordatele quando ha passato la notte a recitare una scena del video d’esame in una lavanderia a gettoni di Brooklyn. A volte funziona.
In ogni caso, non vi preoccupate. Le passerà.

Lucca-Milano via Genova

lunedì 7 gennaio 2008

pegli1.jpg I viaggi di ritorno a Milano si assomigliano un po’ tutti. I cartelli autostradali che invece di luoghi segnano distanze (ore o chilometri all’arrivo), l’inizio della Cisa con gli immancabili lavori in corso (in tutti questi anni non l’ho mai vista una volta senza interruzioni) i piccoli autogrill nascosti tra le montagne e poi le tre corsie dell’ A1. Passato il Po, sei praticamente arrivato.
Ma ieri con me c’era Stephen Wood e così in una animata discussione sul cinema e sui matrimoni (ahah, cosa c’entra il cinema con i matrimoni? Io non lo so ancora, ma forse voi avete un’idea) tiro dritto e solo dopo chilometri mi accorgo di essere quasi a Genova. Ho sbagliato strada.
Ci guardiamo, che si fa. Ovviamente ormai andiamo avanti, a Milano ci si arriva lo stesso. E da qui si vede il mare.
Io e Stephen Wood abbiamo sempre avuto questo assurdo attaccamento per il mare. E ogni tanto, d’inverno, o nei periodi in cui i vacanzieri se ne stavano ben alla larga, quando da noi c’era poco da fare e ancora si potevano buttare via il tempo e le serate, tutti e due andavamo a controllare che ci fosse ancora. Come se la notte o il brutto tempo potessero portarselo via.
Arriviamo a un altro bivio e sbagliamo ancora. Ci perdiamo dentro Genova e poi giriamo per Alessandria. Va beh, oggi si passa anche dal Piemonte.
Il paesaggio cambia rapidamente. Arrivano le montagne e poi le distese pianeggianti: ci troviamo sepolti dalla neve. La strada è quasi deserta e viene da pensare che potremmo quasi fermarci lì, in mezzo al nulla.
Guardo S.W. che dopo una notte inspiegabilmente senza sonno, sta crollando sul sedile vicino. Se devi sbagliare, sbaglia fino in fondo, no? E si addormenta, finalmente tranquillo.
Lo guardo di fianco a me, poi guardo la strada, la neve, le sporadiche indicazioni e mi sento molto meglio di quando sono partita.
Hai ragione, se devi sbagliare, sbaglia fino in fondo.

Mah.

venerdì 4 gennaio 2008

facebook2.jpeg A spintoni, i miei amici americani e la mia compagna di avventure newyorkesi mi hanno fatto entrare nel web 2.0
Io che ho un blog senza banner e in cui non si è nemmeno mai vista l’ombra di una foto.

Eh si, da oggi anch’io sono su Facebook

Nuovi appuntamenti radio

martedì 1 gennaio 2008

Mercoledì 2 e Giovedì 3 gennaio- RadioDuemila (per chi non è toscano, streaming su radioduemila.com)

Chi ha voglia di venire a trovare me e Stefano in Piazza Grande a Lucca, ci trova nello chalet della radio, di fronte alla famosa pista di pattinaggio…

Radio On Ice

mercoledì 26 dicembre 2007

Stamattina mi sono svegliata con addosso ancora un senso di instabilità.
I postumi di una puntata radiofonica davvero assurda.
Iniziamo a trasmettere alle 20 dallo chalet di Piazza Grande (Lucca), con gli aspiranti pattinatori che fremono dietro le transenne ancora chiuse. E’ bello, per una volta, essere immersi tra la gente. Me l’ero dimenticato, dopo un lungo periodo passato dentro uno studio radiofonico semi-vuoto, di notte, quando nonostante i tanti sms si fa fatica a pensare che dall’altra parte ci sia davvero qualcuno che ti ascolta. Qui invece la gente la vedi dritta davanti a te, che passeggia, pattina, chiacchiera, ti guarda un po’ curiosa dall’altra parte del vetro mentre ti ascolta in diffusione. E capita anche che qualche ascoltatore storico si materializzi improvvisamente. Che buffo associare un viso a una serie di messaggi. Così scopri che “Tondo” è davvero alto 2 metri e 10 e che “Clarissa” è più adulta di quanto ti immaginavi. Cose così.
La serata poteva anche finire in questo modo, con lo strano effetto di un radio- acquario che dal mondo non si nasconde ma che invece lo guarda passare.
Ma a Stefano viene in mente un’idea.
In quattro e quattr’otto vengo catapultata fuori dallo chalet, direttamente sulla pista, con un paio di pattini ai piedi e un microfono in mano. Peccato che sia la prima volta nella mia vita che provo a pattinare sul ghiaccio (le rotelle con cui mi sono divertita un po’ quando ero piccola sono tutta un’altra storia). La domanda, un po’ di tutti, è quando cadrò.
Ma la provvidenza arriva in mio soccorso sottoforma di un giovane istruttore di pattinaggio, che mi dice “tranquilla, se ci sono io non cadi”. Seeeee, cambia frase amico perché io qui ho un doppio compito: scivolare su questo ghiaccio senza rotolare per terra e continuare a parlare, rimbalzandomi con Stefano dentro lo chalet. I primi giri li faccio abbarbicata al mio maestro e mi accorgo con stupore di una cosa: non è la goffaggine con cui tento di tenermi in piedi ma è la scioltezza con cui volano via le parole. Ma pensa. Uno si concentra su qualcos’altro, per riportare a casa tutte le ossa, e finisce che le parole scivolano via da sole, altro che i pattini sul ghiaccio.
Avevano ragione gli americani e i miei insegnanti che per farci imparare a recitare, una volta hanno messo tutta la mia classe a fare ogni genere di attività fisica, lasciando che le battute venissero fuori a caso. Al momento mi sembrava una cosa senza senso. Guarda tu quando uno deve capire qualcosa che gli hanno detto due anni prima.
Il mio multitasking batte il record e io mi reggo in piedi con dignità, tanto che il mio maestro comincia a farmi andare a da sola, guardandomi a vista con lo sguardo “telavevodettoio”.
E’ con orgoglio che concludo i miei giri e alle 23.20, con quasi mezz’ora di sforo, anche la puntata in radio.
25 dicembre 2007, anche se ti ostini a sbuffare, non si sa mai cosa ti puo’ riservare un Natale.

P.s. Giovedì 27 dicembre si replica

Radio@Christmas

lunedì 24 dicembre 2007

Il 25 dicembre, se proprio non avete niente da fare dopo aver ingurgitato ogni tipo di tradizione mi trovate dalle 20.30 alle 23.00 su RADIODUEMILA con Stefano Barsotti (in streaming su radioduemila.com).

Per chi passasse da Lucca, trasmetteremo fisicamente da Piazza Grande (soltanto per veder cadere i pattinatori ovviamente). Veniteci a trovare se vi va.

Auguri in fuga

lunedì 24 dicembre 2007

Sì, lo so. Non scrivo da qualche giorno. E’ che attraverso sempre questi periodi di pre-festa in apnea. Perché mi sembra che se provo a muovermi o a parlare, finisco incartata sotto qualche albero di natale pure io. Perché gli auguri (questo rituale che fin da piccola ho sempre guardato con sospetto) mi fanno sentire goffa e fuori luogo. E perché i baci vengono sempre fuori un po’ male, divisi tra l’imbarazzo di non avvicinarsi troppo alla bocca e la finta del gota-gota. Ecco il motivo per cui, se posso, sparisco, per affidarmi alla via più nerd per non mancare di cortesia: le e-card. Lì almeno si puo’ raccattare qualche briciola di comunicazione.
Quindi, perdonate la fuga. “E se non ci rivediamo prima di Natale…”

Tv accese in soggiorno e nuove vecchie compilation

venerdì 14 dicembre 2007

E anche quest’inverno ho battuto l’influenza. E’ come se riemergessi da un sonno lungo 4 giorni. Mi ricordo solo il suono, lontano, della televisione accesa in soggiorno e ogni tanto il rumore dei piatti spostati o del fornello che si accende. E poi un cellulare che suona e una voce, bassa che risponde, una mano che mi copre con il piumone,
A certe cose avrei anche potuto abituarmi, questo avrei voluto scrivere, se non fosse che addosso a me sarebbe sembrato poco credibile. Ma quando si è malati si puo’ dire di tutto. Un po’ come quando si è ubriachi. E allora eccolo lì. A certe cose avrei potuto anche abituarmi.
E adesso prima di perdere l’ultimo ascoltatore, o di vedermi sostituire dal primo irruente dj di passaggio, devo correre a cambiare un pezzo.
Stasera avrei un’intera compilation per voi, ma ci ha messo qualche anno ad arrivare e quindi mi perdonerete se la faccio prima girare un po’ sul mio I-tunes.
Adoro le compilation, da quando avevano la forma di nastri pieni di fruscii e scorrevo i titoli scritti a mano in attesa di una rivelazione.
Sapendo che uno di quelli prima o poi mi avrebbe fregato.

Traccia 9- The Fields- If You Fail We All Fail- 5′22”

38.5 °C

lunedì 10 dicembre 2007

Trentotto e mezzo. Strana cosa la temperatura del nostro corpo. Un paio di gradi di alterazione e non capiamo più un tubo.
Io continuo a tremare da due giorni. Ormai non me ne accorgo quasi più. Ma gli altri si e questa è la cosa buffa.
Nei brevi momenti di lucidità post-paracetamolo sto attaccata alle mail. Oggi è il primo giorno in cui non posso seguire YN da quando è nato lo show. Ed è come guardare qualcuno che ormai ha imparato a camminare da solo anche se in fondo non te ne eri mai accorto.
Quindi, con meno ansia di ieri, ripiombo nell’oblio di antinfluenzali dai nomi creativi (perché così ci sembra sempre di curarci un po’ di più).
E mentre provo a riprendermi metto su un pezzo, rimanete lì, come si dice dalle nostre parti, torneremo tra poco…

Song: Canadians- Summer Teenage Girl

Jingle Bells

sabato 8 dicembre 2007

Mia madre ha comprato l’ennesimo pezzo per il presepe (ancora un paio d’anni e usciremo noi di casa, per lasciar spazio ai personaggi e tutti i loro bagagli) dal mio amule addirittura tre utenti stanno scaricando le canzoni celtiche di Enya e a me è venuto il mal di gola.
Anche quest’anno è arrivato Natale.
Prendete un bel respiro, vi servirà.

Musica: Pearl Jam- Wishlist

I Want To Hold Your Hand

lunedì 3 dicembre 2007

Vogliamo essere corteggiate. Vogliamo qualcuno che ci passi a prendere a casa, ci porti fuori, ci parli guardandoci dritto negli occhi e poi ad un certo punto rimanga senza parole. Vogliamo qualcuno che ci riempia anche solo per qualche ora di tutto quello che ci è mancato e che ci mancherà, che ci blocchi il respiro in una serie di banalità che improvvisamente una sera, a tradimento, acquistano un senso. Vogliamo tutto, anche quello che non avremmo mai voluto.
E vogliamo fermarci sotto casa, con il freddo che ci fa brillare gli occhi, abbassando il viso sul cappotto.
In quel momento in cui stai per aprire la porta e poi richiuderla alle tue spalle.
I’ll tell you something, I think you’ll understand, and when I say that something I want to hold your hand…