18 Aprile 2008
domenica 20 aprile 2008 Anche Your Noise se n’è andato.
Stai così. Come quando torni da un viaggio, stanco morto, con vecchie abitudini quasi dimenticate da riprendere, miliardi di cose da sistemare e il senso che il tempo scorra su un altro fuso orario.
Da un lato ti riappropri delle funzioni vitali primarie, respirare, mangiare, dormire. Tutto riacquista un lato più umano. Dall’altro hai la stessa sensazione di quando la caffeina in circolo nel tuo sangue si esaurisce e improvvisamente, senza preavviso, ti senti esausto.
Il viaggio è iniziato con due righe da sviluppare su un foglio bianco , poi è diventato una serie di idee da provare a far stare in piedi. Mica è stata una linea retta. Ad andar dritti, dicevano, son buoni tutti. E così, in alto mare, navigando a vista, ci siamo trovati immersi in una virata di almeno 180 gradi. A volte ci siamo chiesti dov’è che stiamo andando, a volte abbiamo pensato ci siamo persi, altre volte, ci siamo soltanto goduti il vento sulla pelle e abbiamo chiuso gli occhi. Avremmo potuto attraccare in tanti porti, li abbiamo visti, ci siamo passati vicino. Adesso, dopo 235 giorni ci siamo fermati.
Come chi ha il mal di terra e vorrebbe navigare ancora un po’, ma sa che prima o poi dovrà scendere. A meno che non ti chiami Novecento e decidi di saltare in aria con tutta la nave.
Ma noi del mondo abbiamo imparato ad avere meno timore e anche se è sconfinato, come direbbe il nostro amico Francesco Tricarico, abbiamo ancora voglia di far girare la testa tra infinite possibilità.
Ci portiamo dietro la soddisfazione di aver incontrato musica che valeva la pena ascoltare e di aver fatto salire a bordo passeggeri di cui andar fieri. Con soltanto due soldi per il carburante e poche, indispensabili, strumentazioni di bordo. Però una crew che avrebbe attraversato pure l’oceano se glielo avessi chiesto.
Adesso verrebbe da pensare a come sarebbe gettare l’impermeabile, con lo stesso gesto letterario, al di là delle scalette. Tenere stretta la valigia. E non scendere.
Ma, come al solito, qui le pagine si girano più lentamente e i colpi di scena sono rari.
E soprattutto, ormai, siamo già scesi.
Musica: Disco Drive- Goodbye