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Lunedì 16 luglio

mercoledì 18 luglio 2007

A Verona non ero mai stata prima. Solito discorso, te ne vai in giro per il mondo e snobbi un po’ quello che hai sotto il naso. Hanno finito per portarmici i Muse, con il loro concerto all’Arena. Doveva esserci G., doveva esserci  A. Alla fine non c’era nessuno dei due. Solo io e TJ e la giornata inizia con me  che arrivo in ritardo alla stazione. Ma il treno è in ritardo pure lui e quindi si respira. A Verona viene a prenderci un signore nascosto da un cartello “Bella Verona” che se ne esce con una frase intonata al quadretto: non vi aspettavo così giovani… Dopo pochi minuti di macchina e dieci inchiodate (il tipo ha qualche problema con freno e frizione) arriviamo alla nostra fantastica suite Aida che non è nient’altro che un miniappartamento in un condominio di recente costruzione, con un ascensore supertecnologico ma senza connessione internet (grrr). C’è la televisione, ribatte lui, come se internet mi servisse per giocare. Beh, in effetti, mi serve anche per giocare.
Siamo fuori in poco più di mezz’ora, io esco con i capelli ancora bagnati ma fa talmente caldo che asciugano in un secondo, e ci incamminiamo a piedi verso l’Arena. Recuperiamo gli accrediti e decidiamo di farci un giro prima di entrare. Cerchiamo un posto dove mangiare e invece finiamo sotto il balcone di Giulietta. Ecco fatto. Ripenso alle chiacchiere con TJ sul treno e ai miei consigli che fanno a pugni con gli altri, ancora una volta. E’ che ogni volta penso a lei come se fosse me e questo è l’errore. Forse. O forse no, sbagliano tutti gli altri.
Il concerto sta per iniziare, noi ci sistemiamo sulle gradinate ed è uno spettacolo già vedere l’Arena colma di gente. I Muse entrano e tutto si accende. In realtà partono con uno dei pezzi più tamarri che hanno, ma beh, bisogna pur scaldare la folla. E così ci ascoltiamo Knights Of Cydonia E TJ non capirà mai perché sto ridendo… Matt  Bellamy ha un paio di pantaloni bianchi e tutto questo mi ricorda una simpatica discussione di qualche giorno fa.
I singoloni continuano ad animare la folla. Ma le reazioni sono le più diverse. C’è chi balletta e si muove freneticamente senza sosta cantando a squarciagola e chi invece se ne sta immobile senza fiatare, senza cantare, con gli occhi fissi sul palco come ipnotizzato.
Supermassive Black Hole, Starlight,.. tutto bene. In platea bisognerebbe stare seduti ma Bellamy butta lì un discorso alla sicurezza: per favore lasciateli alzare. E via.
Ma poi arriva Sunburn e i ragazzi rimangono lì, tiepidini, come se Showbiz non sapessero nemmeno che è uscito. Non che mi dispiaccia, anzi, così posso anche fare finta che sia solo per me. Ci vuole Time Is Running Out  per farli infiammare di nuovo e Invincibile la cantano proprio tutti.
Nel primo bis piazzano un paio di lentoni tra cui Unintended (sarà pure iper-romantico e zuccheroso ma a me è sempre piaciuto, anche per il video giocato su un bellissimo effetto morphing). Bellamy, con il suo british english, se ne esce con: “questo sarebbe il momento adatto per tirare fuori i vostri cellulari e fare un po’ di luce”. E intorno a me sento i vari “ma che cazzo ha detto” “certo se parlasse un po’ più lentamente”. Caro Bellamy, con una fidanzata del lago di como potresti anche regalare al tuo pubblico due parole in italiano. Ma qualcuno almeno “mobile phone’ lo ha preso perché piano piano qualche cellulare compare e gli altri seguono a ruota. […]
Secondo bis e i Muse sembrano divertirsi davvero. Suonano ormai da due ore e hanno ancora voglia di saltare giù dal palco e fare un po’ di spettacolo.
Ma ormai è finito davvero.
Si possono riaprire gli occhi, stropicciarli e avviarsi lentamente verso l’uscita. Perché bisogna sapersi lasciar coinvolgere e bisogna sapersi distaccare. E spesso, come dice L. è solo una questione di velocità.
Io e TJ ci guardiamo, cellulari muti, ma vorrei tanto che si illuminassero e la facessero sorridere. E’  un inizio che ha un po’ il sapore di una fine, ma sta sempre a noi scegliere dove mettere il segno. E noi stasera lo mettiamo qui. Nella bella Verona…

Come sei, veramente

domenica 15 luglio 2007

Che razza di estate. Intendo dire, sorprendente, strana e complicata allo stesso tempo.
Non so come spiegarvelo, a dire il vero non so bene nemmeno come spiegarlo a me. Pero’ succede che ogni tanto ti arriva un condensato di vita nuova tutto insieme e, allo stesso tempo, ritrovi qua e là pezzettini di passato con cui riallacciarsi o riconciliarsi. A volte va così così e ti saresti aspettato di meglio e invece a volte incomprensioni e pasticci scivolano finalmente via facendoti sentire un pochino più felice.
Come questo week end in cui avrei dovuto lavorare e in cui arriva una mail a sorpresa di M. (uso il suo nick perché la mia vita e il mio blog sono strapieni di A. :-)), che in tre righe cancella tre anni di distanza e con una frase mi descrive in modo quasi disarmante. Ma sì, sono sempre io.
Sono già di buon umore quanto mi arriva un sms altrettanto inaspettato e così mi ritrovo un pomeriggio a parlare di musica con I. (a proposito, belli i vostri pezzi, mi devo solo abituare al vostro nuovo stile).
Le chiacchiere ci portano poi in Piazza Duomo dove I. prende la metro al volo e dove io mi fermo sotto quel sole ad ascoltare Giovanni Allevi che suona con 40 gradi per un gruppetto di persone ammassate non davanti al palco ma dietro, nell’unico briciolo d’ombra di tutta la piazza.
E quando lui si avvicina, jeans e magliettina a righe, una ragazza di fianco a me chiede: ma tu sai chi è? Mentre un altro urla che vuole un autografo. G.A. lo ascolta prende il foglio, sorride:
- Scusa non ho altri fogli…
- Ma cos’è?
- E’ il mio TFR
Oggi è tutto quasi surreale, pero’ sto bene. Sto decisamente bene.
Non mi va moltissimo di tornare a casa, ma le giornate bisogna sempre saperle chiudere. C’è il tempo per un bis e questo mi fornisce una colonna sonora per allontanarmi verso l’autobus. La musica arriva, certo non ho una BMW, ma funziona lo stesso.

Musica (dal vivo): Giovanni Allevi, Come Sei Veramente

Torta al cioccolato

mercoledì 11 luglio 2007

Ingredienti :
125gr di cioccolato
60gr di burro
125gr di zucchero
3 uova
60 gr di maizena

Ricetta :
1. Fai sciogliere il burro ed il cioccolato al minimo
2. Separa i tuorli dagli albumi.
3. Mescola lo zucchero e i tuorli.
4. Aggiungi la maizena poi il cioccolato fuso.
5. Monta a neve gli albumi ed incorporali delicatamente al composto.
6. Versa il composto in uno stampo imburrato.
7. Fai cuocere in forno con termostato a 6 per 20-25 minuti.

Consigli :
Questa torta può essere servita anche tiepida.

Note a margine:
Ogni tanto L. ha ragione, anche se non glielo dico mai. E in sottofondo stasera:
Pearl Jam (w/Bono) - Rockin’ In The Free World- Live Cover- Toronto 19/9- Tour: North America 2005
Perché i dettagli spesso sono importanti.

P.s. Qualcuno ha idea di cosa cavolo sia la maizena?

Canzoni e compleanni

lunedì 9 luglio 2007

Oggi io e TJ i finiamo di lavorare presto, la redazione è semivuota, sono tutti stanchi e si respira aria di vacanze. Saliamo in macchina, provo ad accendere la radio e funziona perfettamente. Che vi avevo detto, lo sapevo. Il bello è che parte una canzone degli After, TJ inizia a canticchiarla e io non so che dire. E infatti non dico niente. Perché mi ripeto mentalmente: le coincidenze non esistono. E’ solo il nostro modo di leggere il caso.
TJ: Che devo fare?
Eh, già. Allora, ricapitoliamo. Questi sarebbero i nostri quindici minuti da sedicenni ma non funziona se poi dobbiamo prendere decisioni da trentenni. Provo a pensare cosa farei io, forse dovrei dirle il contrario. Finisce che ci giro intorno e mi sa che non sono granché di aiuto.
L’unica cosa che mi viene in mente è una vecchia canzone degli U2. Bono l’ha scritta per la moglie per farsi perdonare di aver dimenticato il giorno del suo compleanno. Sì, insomma, era in studio, stava registrando e se l’è dimenticato. In realtà c’è chi dice che sotto ci sia stato pure qualcosa di più, ma beh fermiamoci qui, perché c’è già tutto quello a cui stiamo girando intorno, anche se non sembra: ci sono le canzoni e ci sono i compleanni dimenticati. Non si puo’ avere tutto e c’è sempre qualcosa da scegliere. Bisogna esserne consapevoli, altrimenti ci si brucia un po’. Ma non si chiude qui perché il fatto è che poi, anche quando lo si è capito, si finisce sempre per volere anche il resto, sì insomma l’altra metà. E se, non si sa come, ci sembra di intravederla, allora non ragioniamo più e non possiamo fare a meno di chiederci come sarebbe bello se.
TJ: E tu come stai?
Io parto per rispondere, poi TJ tira fuori una delle sue solite frasi per prendermi in giro e finisce che mi viene da ridere.
TJ accenna un “beh…” e poi si mette a ridere anche lei.
Stasera serata libera. Non dobbiamo lavorare, non abbiamo voglia di uscire. Crolleremo sul letto e forse pioverà.
TJ scende dalla macchina, è tranquilla e quasi divertita: Domani pranziamo insieme?
Domani pranziamo insieme.

Nella testa: U2, The Sweetest Thing

5…4…3…

sabato 7 luglio 2007

E così se n’è andato anche il Live Earth. Almeno per me. Ho passato il testimone e posso finalmente addormentarmi, dimenticandomi la sveglia alle sei, i testi da correggere (riscrivere, correggere, riscrivere, correggere) ma soprattutto quelli da inventare. Però è bello lavorare con un team così e poi con Frank, compagno autore… lo metto da solo perché così alimentiamo i pettegolezzi sul nostro presunto flirt. In redazione di qualcosa si dovrà pur parlare. Ma come si fa a spiegare che anni fa abbiamo passato mesi con il naso spiaccicato al vetro di una regia, musica per baci imbarazzati in studio e in noi la stessa voglia di prendere a calci oroscopi e medicine omeopatiche, shopping e diete, domande piatte e risposte scontate. Certe cose uniscono. E siamo diventati amici. Non di quelli che chiacchierano tanto, ma di quelli che sanno che cosa c’è dentro il tuo I-pod (e un po’ anche nella tua testa).
Ecco. Questo post potrebbe autodistruggersi in breve tempo, un po’ come il nostro pianeta, chissà se uno dei due lo farà davvero.

Musica: Portishead, Glory Box

Lavori in corso

mercoledì 4 luglio 2007

Oggi tornando a casa trovo la solita coda. Ve l’ho detto, d’estate ci sono cantieri ovunque. E allora guardo fuori. Un ragazzo sul motorino ha appena fatto scendere una ragazza. Si baciano e si salutano. Sorridono. E lei ha davvero un bel sorriso. Limpido. Lui aspetta che lei arrivi alla porta di casa, poi si risistema il casco e va. Lei ha già tirato fuori le chiavi di casa, sembra che stia entrando e invece si gira. Lui ha superato la coda ed è arrivato già al semaforo. E’ fermo, aspettando il verde. Guardo lei e di nuovo ecco il suo sorriso, pulito e sereno.
E capisco che si è girato anche lui.

Musica: niente, ho preso una buca e l’autoradio è saltata di nuovo. Ma non c’è da preoccuparsi, sono sicura che alla prossima buca tornerà a funzionare.

P.s. Ma voi vi ricordate l’ultima volta che vi siete girati?

Estate a Milano

martedì 3 luglio 2007

Stasera sono di buon umore. Anche se nel mio appartamento ci sono 40 gradi e non si può nemmeno tenere la finestra aperta perché stanno facendo i lavori proprio sotto casa. A mezzanotte? Eh si. Adesso le strade si rifanno di notte. Bell’idea, niente caldo, niente problemi per il traffico. Peccato che non si riesca a dormire. Va beh. Tanto ormai le zanzare sono già entrate e non si dormirebbe lo stesso.
Però sono di buon umore davvero. Tutto ha il sapore d’estate, anche quest’acqua ormai quasi calda che mi sto bevendo. E’ vero che il mare è lontano e qui c’è solo l’idroscalo ma fa lo stesso. Va bene, la città è già semivuota e tra un po’ diventerà un fantasma. Ok, ok, l’umidità rende tutto appiccicaticcio. Ma stasera ho voglia di estate e non me la rovinerete. E allora, vah, beccatevi i Beach Boys.

Musica: Beach Boys, Surfin’ Safari

Quindi

domenica 1 luglio 2007

Ieri sera concerto dei Marlene Kuntz alla Cascina Monlué.
Mentre ascoltavo, guardando da lontano i fan sotto il palco, pensavo che è difficile aspettare. E’ la cosa che odio di più in assoluto. Perché ci vuole pazienza e io non l’ho mai avuta
Però ho pensato anche che ci sono quelle voci da registrare e che la gola adesso è a posto. Che ho idee da concretizzare e tanto da scrivere.
E allora si ricomincia da lì.

P.s.
Per il professor Beccaria: ho messo i titoli a tutti i post. Contento?
E’ che a volte è difficile dare un nome a tutto quello che ti gira intorno e se non c’è qualcuno che te lo ricorda smetti anche di cercarlo.

Top Ten

venerdì 29 giugno 2007

Martedì sera in radio:

- Voce ancora poco pulita e colpi di tosse affogati nella maglia (abbiate pietà di me almeno nei montaggi)

- Il solito lancio di Closer con incartamento (mai una volta che mi venga pulito eh… maledetto pezzo… Stefano la prossima volta lo lanci tu)

- La Leo-sorpresa e il dj anni ‘80

… ma soprattutto

- La top 10 di A. O. che ha riscosso un bel po’ di consensi.
E quindi eccovela qua, in versione originale e con le modifiche che abbiamo dovuto fare tra parentesi.

10. Once In A Lifetime - Talking Heads
9. California - Joni Mitchell
8. My Doorbell - White Stripes
7. Black History Month- Death From Above 1979
6. Bang Theory - World Leader Pretend
5. Losing My Religion - REM
4. Finding Out True Love Is Blind - Louis XIV
3. Doudle Bass- Gorillaz (Dirty Harry)
2. Temptation- New Order
1. Airbag - Radiohead (High & Dry)

Colori umidi

venerdì 29 giugno 2007

Ci sono sensazioni che ti si stingono addosso, un po’ come magliette bagnate. A volte sono belle e te le porti dietro volentieri, a volte invece tenti di cancellarle in tutti i modi cercando di strofinare forte. Così come il colore si è attaccato, pensi, deve anche andarsene via.
Ci sono magliette che hai sempre immaginato che avrebbero stinto, avevano colori troppo forti, vividi e brillanti. Ma non sapevi quando o come.
Stasera ti porti un po’ di tinta addosso, ma è una tonalità che non ti piace, un celestino opaco che non vorresti avere sulla pelle e con cui non è facile addormentarsi. Finisce che fa sentire opaco anche te a cui tutto quell’azzurro aveva sempre fatto girare un po’ la testa.

Abiti&Poesie

mercoledì 27 giugno 2007

Il tipo del negozio sulla spiaggia mi ha praticamente regalato un vestito e uno sconosciuto, sul treno, mi ha scritto una poesia.
E’ decisamente arrivata l’estate.
Oppure, vi siete tutti messi d’accordo per far spalancare gli occhioni alla mia amica A.
You guys are so romantic…

I-pod: The Cure, Friday I’m In Love

Trip To Italy

domenica 24 giugno 2007

Musica: I’m from Barcelona, We’re from Barcelona

…perché anche se mi sono alzata alle 6 di mattina per prendere uno scrausissimo intercity per roma (sì, esistono sempre e ci mettono qualcosa come sei ore) anche se ho rischiato un’insolazione con 40 gradi di temperatura, davanti al colosseo, anche se sono ancora dispiaciuta per giovedì sera (o delusa o arrabbiata… insomma prima o poi dovrò decidere), e anche se mio fratello dice ho fatto l’unica battuta buona in trent’anni (in realtà è solo che quelle buone se le dimentica tutte perché non combaciano con l’idea che ha di me… è una specie di memorizzazione selettiva… eheh vedi che cosa si impara all’università), insomma nonostante tutto, rivedere A. è un po’ come tornare a casa. Quale casa non lo so ma è una bella sensazione.

A.

giovedì 21 giugno 2007

A. l’ho incontrata la prima sera che sono arrivata a New York. Ancora rintontita dal jetleg (sarei andata a dormire appena disfatta la valigia) l’ho vista arrivare insieme a J. Ridevano, parlavano in un inglese che avrei iniziato a capire solo dopo qualche settimana e sembravano muoversi perfettamente a loro agio in quello strano dormitorio per studenti squattrinati.
Io non facevo altro che guardare fuori dalla finestra, le luci, il flusso continuo delle macchine, il fiume, mentre sentivo ripetere dalla “capo-piano” niente alcool, niente fumo, niente visite non autorizzate. E ogni tanto mi giravo verso G. unica persona che potevo dire di conoscere, anche se l’avevo incontrata solo il giorno prima, quando mi aveva raggiunto a Roma per prendere l’aereo.
Era gennaio, New York era ricoperta di neve e io pensavo che quando avevo fatto domanda per la borsa di studio avevo soltanto voglia di andarmene via, il più lontano possibile. E poi erano passati due anni, tra esami, colloqui, burocrazia e ritardi vari, la mia vita era cambiata di nuovo e partire non era stato così facile.
Il secondo giorno tutto sembrava un’impresa: iscriversi ai corsi, trovare un supermercato, comprare una scheda americana per il cellulare, capire come connettersi a internet. Un casino. Il terzo e il quarto idem, con i corsi che iniziavano subito. G studiava economia e aveva scelto delle materie complicatissime. Io già pensavo a come avrei potuto scrivere sceneggiature e articoli in inglese. Insomma la sera ci guardavamo e senza parole ci chiedevamo se ce l’avremmo fatta.

Non mi ricordo esattamente quando è stato ma ad un certo punto A. è venuta a parlare con noi. Forse eravamo alle prese con l’ennesimo problema (cavoli ma lo sai che ho scoperto che qui il cellulare si paga pure per ricevere? mi hanno detto che questo modulo lo devo ritirare all’ufficio studenti vattelappesca ma dove lo trovo che ci sono 300 piani???) o forse semplicemente tentavamo di preparare qualcosa da mangiare in quella enorme cucina desolata (oh non cucinava nessuno eh! ). Comunque a un certo punto lei è arrivata e da quel momento la vita a New York è diventata più semplice.
Lei sapeva tutto: dove fare fotocopie gratis, dove comprare vestiti a poco, quale piano telefonico usare per risparmiare e in generale come cavarsela in una città come quella.
Ma, soprattutto, infondeva fiducia, portava con sé un senso di serenità e gioia di vivere nonostante non avesse avuto affatto una vita facile. Situazione familiare complicata, zero soldi, si manteneva da sola all’università e a New York.
Guardavo lei, con ammirazione, e pensavo che dovevo solo darmi da fare.
Prima di tutto ho cominciato a scrivere. E quando il mio prof di sceneggiatura mi ha restituito il mio primo compito, e io non avevo il coraggio di guardarlo, mi ha detto che scrivevo meglio della maggior parte dei suoi studenti americani. Da quel momento non ho più pensato se era il caso o meno di cambiare corso.
E poi è arrivato tutto il resto.
Servivano soldi e allora via con babysitting delle gemelline francesi e lezioni di italiano, dopo sono arrivati i cortometraggi e poi addirittura la sfilata, a cui devo pero’ il merito “tecnico” a J. che mi ha insegnato a camminare sui tacchi (e soprattutto a girarsi) consumando il corridoio tra le nostre camere.
A me è sempre sembrato di fare poco per A, le correggevo i compiti di francese, le parlavo dell’Italia quando lei me lo chiedeva, le lasciavo da parte il dolce, l’ascoltavo quando aveva voglia di raccontare un po’ di sé.
A. è l’ultima persona che ho salutato andandomene da New York, che ho visto allontanarsi sempre di più dal taxi e scomparire.
Non la vedo da allora.

Venerdì arriva a Milano e io non vedo l’ora di saltarle al collo.

Come complicarsi la vita- parte 2

lunedì 18 giugno 2007

Se arrivo a tre, fermatemi.

Musica: Radiohead, Fake Plastic Trees (versione live da Painkillers). Perché a volte quello che stona è proprio bello.