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Sun Flower Moon

martedì 16 ottobre 2007

Per una che ha passato l’infanzia in tutù e l’adolescenza in calzamaglia incontrare Moses Pendleton non è certo una bazzecola.
Tanto più se ti tiene brillantemente a chiacchierare per mezz’ora buona e poi ti chiede di andare a vedere la prima del nuovo spettacolo dei Momix, accompagnando l’invito con una ancora più inaspettata raccomandazione al suo ufficio stampa perché i posti siano tra i migliori.
Se lo raccontassi a mia madre penso che per una volta crederebbe che quasi quasi faccio un lavoro serio, di quelli che fanno gli adulti, e magari sarebbe anche orgogliosa.

Musica (nei ricordi) : Brian Eno, Music For Airports

Creo Pay

venerdì 12 ottobre 2007

Ogni tanto si lotta con i mulini a vento. Ma se hai la fortuna di avere qualche cavaliere, vale sempre la pena provare.

Oggi i PAY a Your Noise in occasione del nostro CREO CONTEST e allora l’ “inutile” sigla stasera è tutta loro.

Musica (live): PAY, Un Barattolo D’Ammore

Fool For A Lonesome Train

martedì 9 ottobre 2007

Quando torni a casa stanca morta, con i testi e le interviste ancora da scrivere, con l’unico desiderio di stravaccarti sul letto insieme a una fetta di pane e nutella, ti serve qualche momento buono da spenderti. Oggi potrebbe essere uno di quelli.
Ben Harper in studio a Your Noise e potete dire quello che volete di lui. Freddino, scostante, poco incline alle interviste, ma ha una voce da farti squagliare per terra. E infatti lo ascolti suonare spiaccicata al pavimento bianco di YN senza pensare per una volta a cosa arriverà dopo.
Ma quando quelle poche parole che ti dice le accompagna ad una sincera gentilezza non sai nemmeno più se vuoi che canti o preferisci che parli.
Nel dubbio, stasera metti su il suo cd.

Ben Harper And The Innocent Criminals: Lifeline

Buona la prima

domenica 7 ottobre 2007

Premessa: Se avessi scritto questo post ieri sera o meglio stamattina alle cinque sarebbe stato diverso. Ma si sa, funziona così. La testa è un frullato di immagini e di parole, i cocktail ci mettono la loro parte, il sonno che sembra non arrivare la sua. O li fermi, e forse spesso è meglio non farlo, oppure con il passare delle ore si scollano come un’etichetta bagnata da un barattolo vuoto (che poi se fosse pieno sarebbe la stessa cosa, ma adesso mi sembra che dentro ci sia ben poco e quindi lo lascio così).
Insomma, così questo che sto scrivendo inevitabilmente diventa il post di domenica mattina alle 10:30 e non quello di sabato notte alle 4:45

Post: E adesso come lo inizio. Beh, partiamo dai personaggi.

TJ: non potevo che metterla per prima. A grande richiesta torna ad accompagnare le mie serate e anche questo blog.
L’avreste vista in macchina con me, paziente, cercare un impossibile parcheggio nei pressi dell’Alcatraz intervallando i “forse là” con qualche precisazione sulle sue vacanze estive.
E poi, guardare curiosa la Rock Fm All Stars Band che suona per la festa del diciassettesimo compleanno della radio.
E ancora, ordinare da bere per tutte e due, sentirsi ubriaca dopo due gocce di vodka (per lo meno siamo pari), ballettare i pezzi più rock (cosa sei diventata TJ!) e scambiare considerazioni generali sulle feste i drink i messaggi i sogni il caso.

Francesco, operaio del rock: Compare a sorpresa sul palco con la sua telecamerina. Solo perché mentre tentava di fuggire da Milano, venerdì sera, la polizia l’ha fermato e gli ha ritirato il libretto di circolazione. Mi dispiace, ma sono contenta di vederti Fra. E poi sei l’unico che non mi dirà mai “ti vedo dimagrita…”.

Rock Fm Djs: Come faccio adesso a non dire una banalità? Li conosco solo da pochi mesi ma sanno davvero come farti sentire a casa. Ma… ilpovero stagista Pietro l’avete messo in punizione?

Ragazza a cui forse abbiamo rubato il tavolo: Sulla ventina, capelli colorati ma non mi ricordo più il colore, sorride mentre ci dice che il tavolo è suo e quando noi stiamo per alzarci aggiunge “ma che fate… rimanete… due belle ragazze come voi… come vi chiamate? state insieme? che bello che siete arrivate”. E praticamente ci abbraccia. Già.

Ragazzi vari: (comparse, anche se a qualcuno, un regista troppo buono ha donato qualche battuta) vari, alcuni rompicoglioni, uno incredibilmente insistente. Se ti rispondo cortesemente con la freddezza di un surgelato non vuol dire che ti puoi avvicinare e rincarare la dose.

La sottoscritta: Non ha ben capito, forse, perché sono le due ed è seduta di fianco a TJ ad un tavolo che non è il suo, arginando le domande e spiegandole che cosa le passa per la testa. E mentre tenta di tirare fuori il cellulare, si trova in tasca un plettro. Ma guarda un po’ , è quello di Kevin Devine, il Brooklyn Boy che ha incantato tutti, a sorpresa, venerdì a Your Noise.
Così la risposta che cerca confusamente su un telefono forse la trova lì, nella semplicità disarmante di un musicista che quando stava salutando, porgendogli la mano, l’ha abbracciata e sincero se ne è uscito con un Thank you so much. Poi si è ripreso la sua chitarra e se ne è andato verso il volo di ritorno a casa.

I personaggi hanno seguito il copione, in parte improvvisato, a volte sbagliato, ma nessuno gli ha permesso di ridire anche una sola battuta.

Buona o cattiva, è rimasta la prima.

Musica: Stars- Your Ex-Lover Is Dead (e un po’ è anche colpa di C. che continua a canticchiarla… )

11:10

giovedì 4 ottobre 2007

Frappuccino. Ho un’irresistibile voglia di Frappuccino. Con il suo miliardo di calorie affogate nella panna e in una quantità di caffeina che ti fa spalancare gli occhi per ore.
Frappuccino.
Voglio un Frappuccino.

Fly

martedì 2 ottobre 2007

Vi sarà capitato qualche volta di sentirvi improvvisamente grandi. Nel senso di adulti. Per un insignificante nonnulla che alla fine diventa importante. E’ solo un attimo, poi si ritorna a fare quei conti che non tornano e a cercare qualcosa che non c’è. Oggi arrivano a Your Noise i Second Grace, gruppo di Palermo di questo filone chiamato Nu Acoustic, portati al successo da una pubblicità. Suonano live la loro Like a Juliet, aggraziato e malinconico indie pop, e poi tentano di superare l’imbarazzo dei pochi minuti dell’intervista. Sinceramente poco abituati a studi e telecamere, stringono le loro chitarrine e forse pensano che va solo tutto troppo veloce.
La puntata finisce in un battibaleno, oggi doppi ospiti, biglietti da regalare, clip e contributi. Lo studio si svuota veloce e loro, raccolti gli strumenti, si fermano lì fuori. Si scambiano qualche parole, si guardano un po’ intorno, qualcuno è al telefono, come alla ricerca di quel calore che in quei sei minuti, poco più, proprio non c’era modo di trovare. Tutti noi rientriamo in redazione. Io ripasso per andare a recuperare un paio di cose in studio. Li guardo, ci ripenso e mi fermo. Gli chiedo se si sono divertiti. E’ finito tutto in un attimo, mi dicono. Lo so. Ripenso a quante volte ho visto quello sguardo un po’ spaesato in chi come loro ha bisogno di crederci, ma tutto quello a cui è abituato è fatto soltanto di musica. Please give me a second grace… Gli sorrido. Se la caveranno. Se la sono già cavata.

Musica: The Second Grace, Antanarive

Hey There

giovedì 27 settembre 2007

Certe giornate sono quasi circolari, con una fine che si ripiega, inaspettabilmente ma senza fretta, sul loro inizio. Quello che conta di solito è tutto ciò che sta in mezzo a quell’inizio e a quella fine ma quello che a volte ci strappa una specie di sorriso, stanco e stiracchiato, è invece solo quell’ultimo tratto di linea, perché ci riporta proprio lì, dove ci siamo svegliati, con un pezzo che gira su i-tunes, il letto sfatto e il telefono scarico.
In mezzo stavolta ci sta una casa allagata, con l’acqua che bagna gli scatoloni ancora chiusi in soggiorno, con qualcosa che si può ancora salvare e qualcosa che se ne è ormai andato. E allora, mentre intorno c’è un gran via vai, lo sguardo si posa sulle cose elettroniche, scanner, stampante, videoregistratore chiusi in cartoni semi-inzuppati. Poi si sposta sulla sinistra, su tutti i cd, un mare di cd che stanno lì, bagnati, sul pavimento. Fino ad arrivare vicino alla porta, dove ci sono i libri. Il magone allo stomaco accompagna lo sguardo, variando al variare degli oggetti osservati, scarta tutto quello che si può ricomprare si sofferma sui segnalibri con le scritte a matita che sbucano dalle pagine un po’ arricciate e finalmente si concentra in un’azione, semplice, banale e forse poco sensata. Afferrare una cartellina, bagnata e seminascosta, prendere tutto il contenuto, appiccicato e umidiccio, e spostarlo al sicuro. Chissà come era finita nel trasloco e poi in mezzo a quelle scatole. E adesso diamoci da fare. Uno dopo l’altro gli oggetti vengono spostati in un ordine che si stenta a capire.
Lentamente tutto si svuota e mentre la casa si asciuga, la mia stanza si allaga di pensieri.
Il telefono comincia a lanciare dei bip e io finisco per guardare quella cartellina quasi sciolta, da una parte, e i fogli, ancora leggibili, dall’altra. Quello che vedo sono resti cartacei di un computer collassato tanto tempo fa, quando tutta la vita sembrava racchiusa in una serie di parole digitali. Parole, che in parte sopravvissute e trasformate in carta, poco fa si stavano per disfare nuovamente nella pozza d’acqua di un tubo lasciato aperto. E’ sorprendente. Non l’averle ritrovate e nemmeno l’averle recuperate, istintivamente, ancora una volta, ma soltanto non sentire il bisogno di leggerle.
Mentre accendo la luce vicino al letto, sul mio computer parte lo stesso pezzo con cui mi sono svegliata stamattina.
Lui le scrive una canzone, lei è lontana, ma ci sono treni, aerei, macchine. Come stai, cosa succede a NY, ti senti sola, a volte è dura, ma vedrai un giorno con questa chitarra ci pagherò le bollette, i nostri amici ci prenderanno in giro e noi rideremo con loro, perché loro non si sono mai sentiti così, aspetta e finalmente avremo la vita che sogniamo.
Telefono scarico, letto sfatto, persiana chiusa e luce accesa, esattamente come stamattina.
Quello che c’era da salvare l’avevo già salvato oppure non lo salverò mai più.

Dal mac (rimasto asciutto): Plain White T’s- Hey There Delilah

Smemo Noise

martedì 25 settembre 2007

Figo, lavori per Mtv.
Eh già.
Ma che fai?
Sono autrice di un programma che si chiama Your Noise.
Ah si. Ma non ti ho mai visto.
Beh, no.
Ma allora che fai?
Scrivo.
Scrivi?
Sì.
Bello scrivere per vivere.
Si, bello scrivere per vivere.
(Silenzio)
Ma i vj li conosci?

Oggi è ripartito Your Noise, scrivere diventa un po’ non vivere e ho deciso di inventarmi un lavoro di facciata. Almeno per tutti quelli che girano con un diario nello zaino.

Aspettando Zita Swoon

mercoledì 19 settembre 2007

Riemergo da Roma e dall’Mtv Day (che da noi segna da sempre lo spartiacque tra un anno e l’altro, un po’ come il ritorno a scuola, ma con tanto di esame di ammissione) e potrei raccontarvi il backstage di questa lunga diretta, i voli in scaletta per saltare televisivamente da una piazza all’altra, i personaggi del semi-spettacolo saltati fuori dalla calda domenica romana. E invece no. Mi dispiace. Ma vi parlo di una cosa che non c’entra niente.
Perché tutto questo se ne andrà in un batter d’occhio, spazzato via dalla prossima scatola con i mobili ikea. Invece quello che mi ricorderò è un altro concerto. Zita Swoon al circolo degli artisti. Chi sono? il gruppo (belga) di Stef Kamil Carlens, il bassista e cantante dei primi album dei Deus. Un gran miscuglio di generi a dir la verità e un progetto che li rappresenta al meglio: A band in a box. La band non suona di fronte al pubblico, su un palco, ma direttamente in sala in mezzo alla gente. La differenza sembra solo formale ma, davvero, non lo è.
Adesso penserete che siamo arrivati, che volevo parlarvi del live degli Zita Swoon, che tra l’altro mi è piaciuto moltissimo, prima di andarmene a dormire e chiudere il blog, e invece no.
Che rottura stasera, vero?
Sembra che non voglia parlare di niente.
E invece ci arrivo, abbiate pazienza.
Siamo al circolo degli artisti, dunque, ma è ancora presto. Io raggiungo A. che è lì con la band, stanno cenando. Mi aggiungo, mangiucchio qualcosa dal buffet e mentre i ragazzi si mettono a confabulare tra di loro mi ritrovo da sola con la compagna di Stef. E iniziamo a parlare di tutto, musica, roma, lavoro, famiglia, serie tv e poi, quasi come in un cerchio, torniamo alla musica. Lei segue Stef in tour ormai da tanto tempo. Sta bevendo il suo vino e gettando un’occhiata al tour bus quando le chiedo cos’è che trova più faticoso e stancante. Lei non ci pensa nemmeno e mi risponde subito. Aspettare. Tutte quelle attese che si susseguono mentre ti sposti da una città all’altra, quando aspetti di suonare, quando aspetti di ripartire, quando aspetti gli altri ragazzi della band. C’è sempre qualcosa o qualcuno da aspettare.
E, in effetti, anche adesso è questo che stiamo facendo. Sono le nove, abbiamo finito di mangiare, il concerto non inizierà prima delle dieci e mezzo ma tutto è già pronto.
Ripenso per un attimo a tutte le mie attese, ai libri letti in un angolo in uno studio di registrazione , alla mia tesi su e giù sui treni, all’i-pod scaricato su una panchina alla fine di un concerto. E al mio strano, in parte inconsapevole, rapporto con questa specie di bolle temporali.
E poi penso che, chissà perché, i personaggi femminili, in letteratura, aspettano sempre. Per un motivo o per un altro. Con pazienza. A volte è rassegnazione, a volte è forza. A volte ingenuità, a volte speranza.
Per un attimo non parliamo, tutte e due siamo da un’altra parte, poi lentamente torniamo a bere e a consumare in chiacchiere questa ennesima attesa.
A un certo punto il vino finisce e noi ci alziamo. Per lei è tempo di buttare un occhio alla sala, controllare che ci sia già musica in sottofondo e scoprire che fine hanno fatto le coriste. Io mi dirigo invece verso l’ingresso a salutare i primi amici che arrivano.
Ci chiediamo raramente quanto abbiamo aspettato. Ci chiediamo più spesso cosa o chi abbiamo aspettato e se ne valeva la pena.
Le risposte di solito ci sono tutte. Il problema è che arrivano quasi sempre in ritardo.

Running Around

mercoledì 12 settembre 2007

E’ troppo tempo che non ascolto musica. Situazioni e eventi si sono fagocitati tutto. Ma si deve ripartire da qualche parte, anche se non è quella giusta. E allora riparto da Johnny che non sta mai fermo, alla ricerca di certezze e di qualcuno che gli dica che in fondo non è solo. Mentre Mary si pettina i capelli. Alla fine si abituerà.

I-pod (mentre spero di addormentarmi prima di spegnere la luce, come quando ero piccola): Placebo, Johnny And Mary

Cammina cammina mia tenera regina

giovedì 6 settembre 2007

Ultimamente non scrivo moltissimo, lo so. E’ che aspetto che si posi la polvere. Sì, un po’ come nel mio appartamento. Aspetto che questa infinità di micropensieri smettano di volare nell’aria e si depositino finalmente a terra. Perché puoi anche tentare di ripulire tutto, ma finché c’è questa specie di pulviscolo nell’aria non servirà a niente. Nel frattempo, un po’ per lo stress, un po’ per quei geni femminili che inevitabilmente si trovano nel mio dna ho fatto quello che avrebbe fatto qualsiasi altra ragazza per tirarsi su il morale: ho comprato una borsa. Tranquilli, è tutto sotto controllo. Ma se dovessi andare in cerca di scarpe da abbinarci, allora iniziate a preoccuparvi.

Ninnananna: Ustmamò, Sonnolenta

Radiodramma

lunedì 3 settembre 2007

Nuova incursione in Versione Beta su Radio Due.
Stavolta sono diventata la dj del radiodramma nato dalle imperdibili visioni sonore (perdiana che ossimoro*) di Mario Bellina e Andrea Materia.
Oggi si registra, in onda venerdì alle 21.

* il professor Beccaria provvederà a spiegare, una volta tornato dal suo ritiro intellettual-gastronomico in un paesino dell’Alta Pusteria

Camping Città Studi

giovedì 30 agosto 2007

Milano. Casa completamente vuota, tanto che le voci risuonano rimbalzandosi da un muro all’altro. Per il resto sembra di stare in campeggio. Un bollitore elettrico sopra una scatola per la breve illusione di un te caldo, un pacco di biscotti appoggiato su una valigia per gli attacchi di fame. E poi i vestiti, i libri, i cd negli scatoloni e il resto chissà dove.
Qua e là ci si imbatte in elettrodomestici ancora avvolti nel cartone, a far compagnia a pacchetti e buste Ikea ancora quasi intatti. In camera invece c’è una vasca da bagno che con un tocco di magia oggi dovrebbe andare ad incastrarsi in un posto più consono (anche se, dicono, la vasca da bagno in camera è molto trendy).
Ma se ti affacci sulla stanza principale, lì sì che ci sono meraviglie. Chissà cosa si è bevuto A., e io a fargli compagnia. Mica si può bere da soli.
- Sembra una consolle da dj.
- Cosa?
- Oppure il terminale di un computer. Anzi no un tavolo di disegno. Chissà se ci metti una pentola sopra. Ma a trovarla, adesso, una pentola…
Insomma a metà tra un disegno di Alvar Aalto e quello di un ingegnere votato alla tecnologia (uno tipo L. per capirsi), il futuro piano della cucina sembra tutto fuorché un piano della cucina.
E chissà che non sia un bene.

Ancora radio

martedì 21 agosto 2007

Sono di corsa anche se è il 21 agosto e non ci si crede.

Stasera (martedì 21), domani (mercoledì 22) e giovedì (23) dalle 21 alle 23 su Radio Duemila.

Ok, corro.